Lo scoop di Caravaggio? «Falso» Critico condannato per diffamazione
24 Maggio 2016 0 Di luna_rossaL’ Ansa ha sconvolto le certezze del mondo accademico alle 17.50 del 5 luglio 2012: «Caravaggio, trovati cento disegni mai visti». Il lancio successivo, due minuti dopo: «Stima opere, 700 milioni di euro». La tesi, pubblicata in un ebook di 600 pagine: ci sono cento fogli originali del Merisi tra i 1.378 catalogati al Castello Sforzesco, nel civico Gabinetto dei disegni. Gli autori della scoperta: Maurizio Bernardelli Curuz, all’epoca direttore della fondazione Brescia Musei, e Adriana Conconi Fedrigolli In principio furono i lanci di agenzia: poi si è finiti a carte bollate. La sentenza del Tribunale Civile è uscita il 29 aprile: Palazzo Marino ha vinto la causa agli autori dello «scoop» su Caravaggio. I giudici hanno «accertato il contenuto diffamatorio e lesivo nei confronti del Comune di Milano delle dichiarazioni rilasciate il 6 e il 7 luglio 2012 all’Agenzia Ansa da Maurizio Bernardelli Curuz e, per l’effetto, ha condannato detto convenuto al risarcimento del danno subito». La cifra: 50 mila euro, «oltre interessi e spese di lite», 8.720 euro.
Nell’elenco delle persone citate anche Maria Cristina Ferrari, dipendente della fondazione, Francesca Roman ed Enrico Giustacchini, entrambi giornalisti, la casa editrice Stile Arte Comunicare srl. Fu un abbaglio estivo, hanno sempre detto Palazzo Marino e gli studiosi: una attribuzione debole e maldestra, «una bufala atomica» (cit. Tomaso Montanari). A pagina 37 della sentenza la conferma: «I convenuti non hanno offerto nel presente giudizio la prova della riconducibilità a Caravaggio dei disegni in questione, né alcun riscontro che Bernardelli Curuz e Conconi Fedrigolli abbiano avuto più volte accesso ai disegni al di fuori degli orari d’ufficio». La giunta aveva letto i documenti, consultato gli esperti del Merisi, allestito una mostra e chiamato gli avvocati. L’accusa principale: diffamazione. Le dichiarazioni a verbale dei due studiosi sono state copiate e incollate sulle carte.
Esempi sparsi: «Gli studiosi del Castello Sforzesco farebbero meglio a rassegnare le dimissioni» (6 luglio 2012). «Abbiamo consultato gli archivi diverse volte, anche se fuori dall’orario d’ufficio, accompagnati da altre persone» (7 luglio). Ancora: «La mostra di Peterzano è una mostra di parte» (15 dicembre). La sentenza ha pure accertato «la illegittima acquisizione e utilizzazione da parte di tutti i convenuti delle immagini dei disegni della raccolta del Fondo Peterzano per finalità diverse da quelle dichiarate». Nessun risarcimento, in questo caso: gli autori dell’e-book hanno pagato i diritti di riproduzione. Il parere di Enrico Barbagiovanni, avvocato del Comune, in due righe: «Nonostante la pretesa risarcitoria sia stata limitata dal giudice (palazzo Marino aveva chiesto 100 mila euro, ndr), la decisione del giudice rappresenta un buon risultato».
Sorgente: Corriere della Sera