2 giugno 1946: ecco le donne! | Roberta Agostini |huffingtonpost.it
2 Giugno 2016Il 2 giugno del 1946 le donne si recano per la prima volta in massa alle urne, anche se già il 10 marzo del 1946 avevano esercitato il diritto di voto durante le elezioni amministrative in alcuni comuni. È il punto di approdo di un lungo percorso e di una storia che segna il Novecento ma che ha origini nelle spinte suffragiste dell’Ottocento e nella battaglia di donne come Anna Maria Mozzoni o Anna Kuliscioff.
Il voto delle donne è un momento chiave del processo di ricostruzione dell’Italia e una svolta radicale nella storia del paese: non fu una concessione, ma una conquista ottenuta anche con la partecipazione di massa delle donne alla lotta di liberazione. Con la resistenza le donne entrano nella storia e diventano soggetto politico: protagoniste degli scioperi del 1943, delle lotte del centro-nord, della liberazione di Napoli, partigiane, staffette, organizzano la resistenza civile.
Sulla partecipazione delle donne alla resistenza si fonda anche la conquista dei loro diritti civili, sociali e politici.
L’emergere della soggettività femminile contribuisce non solo a cambiare la natura della democrazia italiana, ma anche quella dell’ordine familiare, delle relazioni tra i sessi. Basta leggere le cronache dell’epoca, a partire da quelle di fine Ottocento, per capire che se il luogo predestinato per le donne era la famiglia, allora con il diritto di voto si attentava anche all’ordine familiare. Il film di Sarah Gavron “Suffragette”, descrive bene come l’esclusione delle donne dalla vita pubblica corrispondesse perfettamente alla loro minorità e subalternità nella famiglia e nel rapporto con i figli, oltre che nel lavoro.
Il 2 giugno la percentuale delle votanti fu quasi uguale a quella maschile, 89% le donne e 89,2% gli uomini, e nelle amministrative furono elette quasi 2 mila consigliere comunali. Le 21 elette all’Assemblea costituente, le nostre madri costituenti, hanno aperto, con il loro lavoro, la possibilità delle riforme dei decenni successivi. È lunga la storia delle battaglie delle donne: fino al 1953 non potevano far parte di una giuria popolare, fino al ’63 non potevano entrare in magistratura, gli articoli del codice civile che confliggevano con la parità dei coniugi sancita nella Costituzione sono stati riformati solo negli anni ’70, le leggi a tutela delle lavoratrici via via negli anni hanno messo un argine alle discriminazioni.
Ma anche il solo fatto, ad esempio, che grazie al nostro lavoro, la legge contro le dimissioni in bianco sia entrata in vigore solo qualche mese fa ci dice quanta strada ancora dobbiamo fare per una piena affermazione nella vita pubblica e per una vera parità in quella privata. È l’Italia, infatti, l’ultimo paese europeo per tasso di occupazione femminile ed è tra quelli con il più basso indice di natalità. E la violenza di genere continua a mietere le sue vittime, senza distinzione di età, censo, provenienza geografica.
Nel secolo scorso l’aspirazione alla libertà e all’autonomia da parte delle donne ha cambiato la vita di tutti. Ma nonostante il soffitto di cristallo si sia incrinato, quella stessa libertà femminile ancora fatica ad affermarsi perché è difficile liberarsi da una storia millenaria di soggezione e di minorità, perché la struttura di welfare del paese si regge ancora su un ruolo femminile di supporto e supplenza, perché il maschilismo strisciante o conclamato da noi è un po’ peggio che in altri paesi europei.
C’è bisogno di una nuova consapevolezza maschile, che faccia i conti con i vantaggi che la libertà femminile porta con sé. E c’è bisogno di scelte, di un impegno ancora più forte delle istituzioni a sostegno del cambiamento culturale e sociale.
Abbiamo fatto alcune scelte concrete, ma dobbiamo perseguirle in maniera decisa: lo sblocco dei finanziamenti al piano anti-violenza, la costruzione di una rete territoriale per la prevenzione e l’accoglienza, l’attuazione di percorsi di formazione al rispetto e alla parità nelle scuole, il sostegno ai servizi per l’infanzia, la piena applicazione della legge 194, la diffusione delle statistiche di genere, solo per citare alcune cose che si possono fare a breve e che rappresentano l’attuazione di leggi che abbiamo approvato.
Se oggi siamo tante in parlamento e al governo lo dobbiamo anche a quelle 21 costituenti che hanno aperto la strada e a tutte coloro che, prima di noi, si sono battute per la parità e i diritti, che non sono dati una volta per tutte ma vanno difesi e fatti vivere.