Brexit, sondaggi Guardian: maggioranza vuole uscire dall’Ue. Una prospettiva che spaventa tutti, anche l’Italia – huffingtonpost.it
1 Giugno 2016
huffingtonpost.it – Brexit, sondaggi Guardian: maggioranza vuole uscire dall’Ue. Una prospettiva che spaventa tutti, anche l’Italia.
Notizie allarmanti per il fronte anti Brexit. E anche per l’Italia, che secondo l’Ocse pagherebbe l’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea con un aumento dello spread e più austerità.
Secondo due sondaggi Guardian/ICM, l’opinione pubblica si è spostata in favore dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, contrariamente a quando emerso dalla stragrande maggioranza delle rilevazioni effettuate finora. Il quotidiano britannico pubblica oggi i risultati di due sondaggi – uno online, l’altro telefonico – che mostrano un vantaggio dei sostenitori della Brexit di 52% a 48%.
Nei sondaggi precedenti erano emerse differenze a seconda della modalità della rilevazione, con gli elettori intervistati online che si mostravano più favorevoli all’uscita della Gran Bretagna dall’Ue rispetto a quelli sentiti per telefono. Nell’ultima ricerca effettuata da ICM per il Guardian, invece, entrambe le metodologie hanno condotto allo stesso risultato: una maggioranza a favore della Brexit.
“Le nostre rilevazioni hanno scardinato un paio di ortodossie date per scontate”, ha commentato Martin Boon, direttore di ICM. “Si tratta solo di un sondaggio, che tuttavia mostra un capovolgimento piuttosto inaspettato: entrambe le nostre rilevazioni – online e via telefono – suggeriscono la propensione dell’elettorato britannico a uscire dall’Ue”.
Nel sondaggio telefonico – condotto su oltre mille adulti – il 45% si è detto favorevole a uscire dall’Ue, il 42% a restare e il 13% indeciso. Tolta l’opzione “non so”, il 52% ha scelto la Brexit, il 48% la permanenza nell’Ue. Nella rilevazione online, il 47% ha detto di voler lasciare l’Ue, il 44% di voler restare e il 9% di essere indeciso. Annullando quest’ultima opzione, il risultato è stato lo stesso del sondaggio telefonico: 52 a 48 in favore della Brexit.
Mentre nel caso della rilevazione online il risultato è sostanzialmente lo stesso, il sondaggio telefonico mostra un’avanzata del fronte pro-Brexit. La stessa rilevazione (via telefono) effettuata a metà maggio da ICM aveva mostrato un vantaggio di 10 punti percentuali per il fronte anti-Brexit (55% a 45%).
Ocse: in caso di Brexit in Italia aumento spread e più austerità
L’Ocse mette in guardia l’Italia dalle possibili ricadute della Brexit, l’eventuale decisione della Gran Bretagna di uscire dall’Ue che verrà stabilita da un referendum il 23 giugno. Rischia di tradursi “in rinnovate turbolenze dei mercati finanziari e nell’area euro potrebbe far aumentare i differenziali di rendimento tra titoli di Stato (i famigerati spread) e i costi di servizio del debito pubblico”, afferma l’ente parigino nella scheda sulla penisola del suo Economic Outlook. Uno scenario di questo tipo “richiederebbe maggiori restrizioni di bilancio”: in pratica più austerità.
L’Italia, in ogni caso, non è tra i paesi più esposti ai rischi connessi all’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Tra gli stati che pagherebbero più duramente una Brexit figurano – secondo l’Ocse – Irlanda, Lussemburgo, Olanda e, per quanto riguarda i soli legami finanziari, Norvegia e Svizzera.
L’organizzazione di Parigi stila poi altre due categorie: i paesi “moderatamente” esposti (come Germania, Francia e Spagna) e quelli “relativamente meno esposti”, tra i quali l’Italia e la gran parte delle nazioni dell’ex cortina di ferro, che, nel caso, soffrirebbero un calo del Pil massimo tra lo 0,1% e lo 0,2%.
Un addio della Gran Bretagna alla Ue, scrive l’Ocse, rappresenta un “enorme rischio al ribasso” che i mercati hanno in parte già prezzato: “La fiducia delle imprese è scemata, l’incertezza politica è aumentata e la crescita degli investimenti ha rallentato”.
Una Brexit, prosegue l’organizzazione di Parigi, comporterebbe “una considerevole volatilità aggiuntiva sui mercati finanziari, con sostanziali conseguenze negative per il Regno Unito, l’Europa e il resto del mondo”. “Una minore apertura al commercio colpirebbe il dinamismo economica e la produttività” con un calo del Pil potenziale pari al 3% al 2020 (1% per la Ue) e al 5% al 2030, avverte l’organizzazione di Parigi, secondo la quale il pericolo maggiore è che venga “minata la fiducia nel futuro dell’Unione Europea”.
“Questo rischio esacerberebbe le tensioni politiche presenti nella Ue a proposito dell’elevato afflusso di rifugiati e degli sforzi finanziari in corso per stabilizzare la Grecia”.