Dopo le estese obiezioni e critiche ricevute da ieri al suo articolo a proposito di certe frasi attribuite a Massimo D’Alema sulla campagna elettorale romana, Repubblica ha pubblicato una breve nota del suo direttore ieri sera e un nuovo articolo stamattina.
La nota del direttore è una cosa interlocutoria di ammirevole disponibilità a chiarire, che annuncia una ricostruzione di maggiore credibilità nell’articolo di oggi: implicitamente ammettendo che qualcosa non andava nel modo in cui la storia era stata presentata mercoledì e chiedendo in sostanza ai lettori un credito di fiducia.
All’articolo di stamattina va dato invece atto di un tentativo di rispondere alle perplessità condivise da moltissimi lettori offrendo maggiori dettagli e circostanze a favore della tesi, che nell’articolo di ieri erano assenti.
Il problema, però, è che l’articolo elenca in effetti maggiori fatti e circostanze, ma che non riconducono più solidamente alla tesi sostenuta ieri, smentita da D’Alema, e riconfermata oggi da Repubblica: ovvero che D’Alema stesso abbia annunciato di voler votare Raggi o abbia chiesto ad altri di votarla. E quindi l’articolo si impegna a citare fatti e dettagli concreti, ma tenendo sullo sfondo quella tesi e confondendola con “conferme” assai diverse, soprattutto a un impegno di D’Alema sul referendum di autunno, non sulla campagna romana. Nei due punti in cui è suddiviso l’argomentare infatti si dice:
1. Che D’Alema si impegnerà per il No al referendum di autunno e che lo avrebbe detto a una riunione a Bari. E nessuna menzione in questo contesto delle elezioni romane.
2. Che “ha raccontato di voler votare e di invitare a votare Virginia Raggi”, ma manca di nuovo qualunque circostanza o fonte su questo: c’è un virgolettato – «È fondamentale la sconfitta di Renzi a Roma» – ma non si spiega quando, dove e a chi D’Alema l’abbia detto, esattamente come ieri.
E che avrebbe suggerito al critico d’arte Tomaso Montanari (collaboratore di Repubblica) di accettare la proposta di fare l’assessore per Raggi, che glielo aveva offerto (Montanari peraltro non ha accettato). Poi si parla di nuovo dell’incontro “coi fedelissimi a Bari”, nel quale D’Alema avrebbe perorato la causa del No al referendum e auspicato la caduta del governo Renzi.
E lo stesso avrebbe detto nel suo ufficio a Roma. Ma di nuovo nessuna menzione delle elezioni romane.
Infine, in un più esteso incontro alla sua Fondazione a Roma davanti a molti testimoni esplicitamente indicati si dice che “tutte le fonti contattate da Repubblica hanno offerto una versione univoca delle dichiarazioni dell’ex premier”.
Ma quale sia questa versione delle dichiarazioni non è esplicitato. Non c’è nessun virgolettato: e benché si dica che l’intenzione di Repubblica era di verificare “l’esattezza delle frasi pronunciate da D’Alema su Renzi”, e che questa verifica sarebbe stata ottenuta, mancano le suddette frasi.
Si ripete solo che D’Alema “si è espresso esattamente nei termini riportati ieri da questo giornale”, espressione (“nei termini”) un po’ generica per chi dica di avere invece raccolto delle frasi esatte. In un articolo collaterale, poi, uno dei testimoni all’incontro, l’onorevole Quagliariello, è citato con queste parole: «C’è stato un siparietto e non sono mancate iperboli e scherzose invettive.
Nulla di più» (parole così trasformate dall’occhiello dell’articolo: “Quagliariello: «Le ha fatte con me quelle battute». Tra virgolette. Il direttore ieri: “nella mia idea di giornalismo non si mettono le virgolette quando una frase non è confermata da più fonti”).
L’impressione del lettore è che D’Alema abbia probabilmente fatto delle battute – non si sa quanto serie o quanto esagerando per scherzo, tutto può essere – ma che Repubblica non sia in grado di citare nessuna fonte o prova che dimostrino una frase esatta, se al secondo giorno siamo ancora a questa vaghezza.
E che quindi D’Alema abbia buon gioco – e buone ragioni – per smentire. E i complottisti ampi spazi per evocare improbabili manovre. E noialtri per trovare questo metodo un po’ grossolano, benché non inedito.