Francia: i ferrovieri indicono la nona giornata di sciopero
8 Giugno 2016
Maurizio Landini, segretario della Fiom, sposa senza riserve le lotte francesi. “Le condivido nel merito e nel metodo. Il nostro sindacato ha partecipato alla manifestazione del 28 aprile e manderemo una delegazione ai cortei per lo sciopero generale del 14 giugno”.
Appoggia anche le forme molto dure della protesta?
In Francia c’è una tradizione diversa, un’attenzione ai diritti sociali storicamente molto forte. Il Jobs Act francese peraltro riguarda questioni fondamentali: stabilisce l’aumento dell’orario e la diminuzione dello stipendio; trasforma l’azienda nel luogo dove si possono modificare i contratti nazionali; permette alle imprese di licenziare per cause economiche senza particolari vincoli. È quello che è avvenuto sotto forme diverse nel nostro paese, e sta avvenendo in tutta Europa.
In Francia è iscritto ai sindacati l’11% dei lavoratori. In Italia siamo oltre il 30%. Perché da noi è mancata una reazione così forte?
Oltre a quello che le dicevo – cioè che il governo Valls sta minacciando uno Stato sociale che ha un una tradizione storica e un livello di consenso superiori ai nostri – le ragioni riguardano principalmente i rapporti economici e la condizioni materiali del lavoro. In Francia la protesta è nata dai giovani precari, i sindacati si sono uniti in un secondo momento. In Italia, il livello di disoccupazione e frammentazione del lavoro, soprattutto giovanile, è praticamente senza paragoni. Questo ha reso tutto molto più difficile: è stata fatta passare l’idea che pur di lavorare si debba accettare qualsiasi condizione. Così si spacca la protesta.
I sindacati non hanno proprio nulla da rimproverarsi?
In Italia abbiamo avuto questo quadro: uno sciopero generale della Cgil e della Uil. Il governo ha proceduto come se nulla fosse. Non nascondo che ci sia stata una risposta insufficiente anche da parte delle organizzazioni sindacali. Infatti si sono prodotte delle divisioni. Ma guardi che quella partita non è finita.
Come intendete riprenderla?
La Cgil sta presentando una proposta di legge per una nuova Carta dei diritti universali che estenda le tutele a tutte le forme di lavoro. Poi ci sono i referendum per abrogare parti del Jobs Act: raccogliamo le firme per consentire ai cittadini, nella primavera del prossimo anno, di votare per eliminare i voucher, per riformare gli appalti e per ripristinare il reintegro per i licenziamenti ingiusti nelle imprese sopra i 5 addetti.
Però la temperatura del conflitto qui è più bassa. L’unico orizzonte di chi si oppone a Renzi sembra sia il referendum costituzionale.
Penso che sia sbagliato tenere separati i discorsi. La riforma della Costituzione arriva alla fine di un percorso in cui Renzi ha messo le mani su scuola, pensioni, diritti del lavoro. Il voto sulla riforma può riaprire tutte queste partite. Ci sono le condizioni per vincere: anche se è in atto una campagna mediatica piuttosto evidente, mi pare che il consenso verso il governo si sta riducendo molto.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 06/06/2016.
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