Dai ballottaggi alle polemiche interne al Pd, dalle riforme alla ripresa economica: Matteo Renzi, presidente del Consiglio e segretario del Partito Democratico, ha concesso una lunga intervista al Corriere della Sera, firmata da Maria Teresa Meli, per fare il punto della situazione a poco più di una settimana dall’importante voto amministrativo. Ecco cosa ha detto
Ballottaggi, voto locale. Se Pd perde non mi dimetto “Ho legato la mia permanenza al governo all’approvazione delle riforme nel referendum di ottobre e mi hanno accusato di aver personalizzato. Adesso gli stessi vorrebbero legare il governo al voto di alcune realtà municipali? Ma non scherziamo. Nessun Paese del mondo civile fa così.
Si rassegnino: le elezioni amministrative sono un passaggio locale. Utili tutte le riflessioni sociologiche di questo mondo. Ma che vada in un modo o in un altro stiamo parlando di episodi territoriali (che ovviamente speriamo di vincere) non di un voto nazionale”.
Schieramento trasversale contro di noi? Non mi fa paura “Non mi fa paura chi fa politica contro qualcuno. Se c’è una novità che ho portato, fin dall’inizio del travagliato rapporto con Berlusconi, è stata quella di fare politica per un’idea e non contro un nemico. Io penso che gli italiani siano molto maturi, più dei politici e più dei raffinati commentatori”.
Quanto ai fischi ricevuti da alcuni presenti all’assemblea di Confcomercio, il premier osserva: “Io ho preso i fischi dal primo giorno e continuerò a prenderli, mettendo la faccia ovunque”.
Ho cambiato troppo poco nel Pd, lo farò di più “Ogni giorno ho cercato di mediare, di discutere, di tenere buoni tutti. Dobbiamo cambiare di più, non di meno. Il problema non riguarda solo la minoranza. ma il modo con il quale vogliamo usare questi diciotto mesi che ci separano dal congresso. Vorrei che ci occupassimo del futuro del Paese, non del futuro dei parlamentari”.
Bersani non vuole banchetti del Sì alle Feste dell’Unità? Non lo capisco Alla minoranza il premier-segretario riserva il commento più duro: “Non si può continuare con un gruppo che tira e altri che lavorano per dividere”. L’esempio, per Renzi, è la richiesta di Pierluigi Bersani di non mettere i banchetti per il Sì al referendum alle Feste dell’Unità: “E’ un atteggiamento che non capisco e mi colpisce molto.
Dovrei vergognarmi delle cose fatte? Le feste dell’Unità sono le feste del Pd. Non le feste di una corrente minoritaria del Pd. Se ci togliamo la politica, cosa rimane?. E’ ovvio che il Pd anche in caso di vittoria in queste elezioni deve affrontare un problema interno”.
Alleanza con Verdini non esiste, nel 2018 il Pd va da solo al voto “L’alleanza parlamentare con Verdini nasce dal fatto che nel 2013 si sono perse le elezioni. E con Verdini quel gruppo dirigente ha già governato votando insieme la fiducia a Monti e a Letta”. Tuttavia, “nel 2018 il Pd si presenterà da solo, un partito a vocazione maggioritaria come previsto dallo statuto. Punto”. Il premier e segretario Pd ricorda che dopo le elezioni del 2013 “quel gruppo dirigente ha scelto Migliavacca e Verdini per fare un accordo, poi saltato, sulla legge elettorale.
E adesso se Verdini, che non è ovviamente rappresentato al governo, vota con noi in Parlamento questo sarebbe un problema? Quanto alle Amministrative, l’alleanza a Napoli e Cosenza, perché queste erano le due città interessate, mi pare che avesse carattere locale. E che non abbia funzionato per nessuno”.