lescienze.it – Un nuovo modello per la gestione dei parchi eolici. La definizione di un modello di come le variazioni della velocità del vento influiscono sulle variazioni nella produzione di energia elettrica dei grandi parchi di turbine eoliche permetterà di ridurre al minimo il ricorso alle centrali tradizionali per tamponare le possibili carenze energetiche(red)
Un modello delle fluttuazioni nella produzione di energia degli impianti eolici che potrà migliorarne la gestione è stato sviluppato da Mahesh Bandi, dell’Okinawa Institute of Science and Technology Graduate University (OIST), e colleghi, che firmanoun articolo su “Physical Review Letters”.
La quantità di energia generata da fonti rinnovabili fluttua a seconda della variabilità naturale delle risorse in un dato momento. Il Sole non splende sempre, né il vento soffia in modo costante, così le centrali elettriche tradizionali devono essere comunque in funzione per colmare le carenze di energia che arrivano quasi senza preavviso, ma anche gli eccessi di produzione che possono far saltare la rete. Anche le fonti “verdi” richiedono dunque che sia disponibile una riserva di energia da fonti tradizionali.
Per gestire al meglio le energie rinnovabili e ridurre al minimo il ricorso a queste riserve da fonti tradizionali servono modelli che permettano di comprendere meglio queste fluttuazioni. Nel caso degli impianti eolici finora si era cercato di applicare un modello delle fluttuazioni della velocità del vento messo a punto dal fisico e matematico russo Andrei Kolmogorov negli anni quaranta del secolo scorso, ipotizzando un semplice rapporto diretto fra velocità del vento e potenza prodotta.
Tuttavia questa ipotesi si è rivelata insoddisfacente per gestire i grandi parchi eolici in cui molte turbine sono disperse su territori anche molto vasti.
Bardi e colleghi sono riusciti a offrire un modello più preciso prendendo in considerazione le turbolenze dell’aria, immaginabili come mulinelli d’aria. Questi mulinelli possono essere a bassa frequenza ed estendersi per centinaia di chilometri, ma possono anche essere ad alta frequenzaed estendersi per pochissimi chilometri.
Nel primo caso, le turbine di un parco eolico possono comportarsi effettivamente come un’unica turbina gigante, ma nel secondo caso, le fluttuazioni di potenza delle diverse turbine sono disaccoppiate, e questo capita tanto più facilmente quanto più sono distanziate nel parco.
La definizione del nuovo modello consentirà una migliore stima della quantità operativa delle riserve che deve essere mantenuta nelle varie aree geografiche.