Conflitto medio orientale TRUMP – PUTIN – Nikita Santarelli
1 Ottobre 2017TRUMP – PUTIN
Compagni . Nel mio post di 1 anno fà io e il compagno Alexej Venderovic (PCU) abbiamo espresso la nostra posizione riguardante il panorama politico generale e dell’interesse del nuovo sistema “PUG” e “OGI” quanto descritto prefigurava esattamente quello che stà avvenendo sullo scenario mediorientale, Fin dall’inizio era evidente compredere quanto L’ideologia isolazionista di Trump si basasse su tre linee guida: l’opposizione agli accordi di alleanza degli Stati Uniti con altri Paesi, Limitazione della libertà di stampa, Soppressione della libera espressione e della possibilità di manifestare pubblicamente, l’opposizione al libero commercio a vantaggio di un sistema economico internazionale più mercantilista e l’autoritarismo quale, Regime di carcere duro, Sevizie ai detenuti e Pena di morte applicata in tutti gli Stati federali della Nazione. Un corollario di ptovvedimenti di evidente stampo Nazista, Assolutista, Oppressivo Xenofobo e Colonialista. La messa in scena ordita dall’establisment Nazi-capitalista rappresentata da Donald Trump in accordo con Putin è ormai fatto provato ed inconfutabile.
Sareste disposti a credere che Vladimir Putin sia propenso ad un cofronto bellico con gli USA? In questo caso sarebbe costretto ad Armare tutti gli asset russi schierati nel Mediterraneo orientale, compresi i tre sottomarini posizionati tra Cipro e la costa siriana, equipaggiati con i missili da crociera Kalibr. La flotta del ma Caspio dispone di almeno 200 Missili di tipo balistico lungo raggio dp-0gjv ( con possibilità immediata di sostituzione testata “armata atomica”. Delocalizzare e impiegare i nuovi bombardieri strategici Tu-95 e Tu-160 presenti sulla portaerei Admiral Kuznetsov. e In caso di pericolo di Attacco nucleare, scoprire tutte le postazioni missilistiche, fisse e mobili, collocate in siberia e Antartide, i sottomarini Atomici segreti della flotte a partire dal Baltico fino al Centro Atlantico e Pacifico, il KNEV-VER 2 – quello che negli USA è definito e definito con l’acronimo DEFCON 2 –NIKITA S.
UKRAINA OGGI ( Sergey Averin e Giorgio Bianchi )
Nel Donbass continua una guerra che l’Occidente non desidera vedere. Il conflitto in Ucraina orientale iniziato tre anni fa provoca vittime anche oggi, ma sul mainstream mediatico occidentale a regnare è il silenzio. Perché?
Nell’era delle infinite risorse digitali e di un internet illimitato paradossalmente in Occidente mancano informazioni su una guerra situata nel bel mezzo dell’Europa, nel Donbass. L’assenza di notizie e testimonianze attendibili dal campo non riguarda solamente il conflitto ucraino, ma anche la crisi siriana. Evidentemente, ci sono guerre di cui è scomodo parlare.
Giorgio Bianchi Donbass, collaboratore di Difesa Online,
Nel Donbass le parti che si combattono sono due, l’esercito governativo di Kiev e i separatisti, ma si tratta di un conflitto geopolitico ben più ampio. Giorgio, qual è il suo punto di vista sulla guerra nel Donbass?
Le mie opinioni personali sono corroborate dai fatti. Io mi trovavo anche a Maidan nel 2014 ed ero nella via dove ci fu la terribile sparatoria, sono fra quelle persone le quali possono testimoniare che gli spari venivano dall’hotel Ucraina e non da parte della polizia. Queste cose le ho dette a tutti, anche ad una conferenza allo spazio Polifemo di Milano dov’era presente Amnesty International nella veste di rappresentante della Lombardia. La prima cosa che disse il rappresentante di Amnesty guardando le mie foto fu: “ma veramente i manifestanti erano così armati e equipaggiati?”. Io ho sorriso bonariamente come a volergli chiedere: “lei fino adesso dov’è stato?”. Le mie foto sul Maidan erano lì da due anni, chiunque poteva vederle.Sergey Averin: Ovviamente a Maidan c’è stato anche un movimento del popolo in parte, è innegabile, ma la protesta è stata mandata avanti da gruppi paramilitari ben organizzati ed addestrati. Io li ho visti sempre in schieramento. Il giorno dei terribili spari ero sotto l’hotel Ucraina, mi stavo riparando dietro un muro, il manifestante davanti a me si proteggeva con uno scudo di metallo, anziché guardare verso la polizia, guarda verso l’hotel, ho fatto anche una foto ad un manifestante armato di un fucile a carabina che anziché indicare la polizia indicava le finestre dell’hotel. Quello che è successo in Ucraina è talmente complesso che non si può ridurre in due parole, è un fenomeno che ha delle radici ben più lontane. Un giorno qualcuno scriverà la storia stando ai documenti e non stando alle opinioni o alla mancia, si riuscirà a capire bene allora cos’è successo.
Ritengo che la questione ucraina sia stata solo un mezzo utilizzato da potenze straniere per poter separare l’Unione europea dalla Russia, perché poi l’unico risultato concreto dal punto di vista geopolitico di questa guerra sono state le sanzioni contro la Russia. Sanzioni che sono state un danno immane non tanto per la Russia quanto per l’Europa. Questa è la mia personalissima opinione, perché su questo non ho dei fatti, mentre su Maidan e quello che le ho raccontato prima è tutto corroborato dai fatti e dalla mia esperienza.
Un parallelo. A novembre ero in Siria con i governativi siriani, per molti io sono dalla parte sbagliata della storia, dal mio punto di vista ci sono delle praterie inesplorate per reporter occidentali di fatti che non vengono raccontati. Sto parlando del doppio standard, ho trovato delle similitudini paurose fra quello che è successo in Siria e quello che sta avvenendo in Ucraina. A novembre sono stato a Damasco, a Homs, non sono potuto andare ad Aleppo perché per un freelance era troppo costoso andarci, anche se il Ministero dell’informazione mi aveva accordato un visto di un mese. A Damasco e Homs ho potuto documentare che il 90% della popolazione supporta il presidente Assad, a Damasco si vive normalmente, non c’era neanche il coprifuoco fino alle 3 di notte, io giravo tranquillamente per la città. L’unica noia erano i posti di blocco. Ho documentato come la gente tornava nelle zone colpite dalla guerra per riaprire le proprie attività.
Quando ho provato a vendere queste storie ai media italiani, nessuno le ha volute. Tutti erano più interessati alla crisi umanitaria di Aleppo che è stata raccontata da giornalisti come Rula Jebreal, la quale raccontava le cose dal Libano, non so quindi con quali fonti e attendibilità parlasse di Aleppo. I giornali italiani erano invasi di filmati amatoriali, pure io posso mettermi in un angolo con un cellulare puntato in faccia, con uno che spara con il kalashnikov per aria e dire di stare sotto il tiro del fuoco nemico. Non c’è stata copertura se non per raccontare quello che si voleva fosse raccontato.
Per quanto riguarda la guerra nel Donbass
Qui la copertura è pari a zero. Fin quando c’è stata la battaglia di Debaltsevo venivano i giornalisti con i container, adesso non c’è più nessuno. La gente è stanca e sfiduciata, perché non crede più nell’Occidente, in noi. La gente si sente abbandonata completamente. È quello che senti quando perdi tutto e vivi in queste condizioni, vedi gente che non va in Ucraina per paura di essere arrestata. Ho intervistato un calciatore professionista che si chiama Artiom, solo per il fatto che non ha voluto abbandonare la sua casa è stato squalificato dalla federazione, non combatte più, perché è rimasto qui con la sua famiglia. Insegna calcio nelle scuole del Donbass, con le lacrime agli occhi mi ha detto che lui è stato squalificato dalla federazione senza aver commesso niente.Irina Gerashchenko: Giorgio, perché ha scelto la strada del reporter di guerra o è stato questo mestiere a scegliere lei? Chi è secondo lei un vero reporter?
Non so cosa sia un vero reporter di guerra. Penso che questo mestiere abbia scelto me, perché io ero un conosciuto fotografo di matrimoni e campavo alla grande con le feste. Ad un certo punto quando quello che vedi nei media comincia a non tornarti più, scegli di andare a toccare le cose con mano. Spero di non essere tradito dal mio giudizio. Per quanto riguarda il Donbass, posso parlare di mistificazione, soprattutto sull’eccidio di Odessa, fra l’altro ho intervistato anche un superstite del massacro di cui i media hanno un silenzio colpevole. Sull’Ucraina la grande colpa dei media occidentali è il silenzio. Per quanto riguarda la Siria, quando ero lì mi è sembrato di stare nel sogno Orwelliano: vivere nella realtà distopica. Mi sono reso conto in quel momento con terrore di sentirmi impotente di fronte a un tale livello di mistificazione. C’è una colpa dei media che secondo me ha qualcosa di criminale.—