Mattarella avverte: attenti ai mercati E ricorda i poteri del premier – Corriere.it
22 Maggio 2018di Marzio Breda
Si era imposto di fare l’ultimo giro di consultazioni a borsa chiusa. La cautela non è però bastata a placare il nervosismo dei mercati e i timori dell’Europa. Così, quando le delegazioni di 5 Stelle e Lega sono entrate una dopo l’altra nel suo studio, ieri, era scontato che questi temi dominassero i colloqui. Con Sergio Mattarella che esprimeva «grande preoccupazione per i diversi segnali d’allarme sui conti pubblici e sui risparmi dei cittadini». E con i suoi interlocutori che insistevano a mostrarsi rassicuranti, lanciandosi in sfoghi sul registro di quello pronunciato da Luigi Di Maio nel botta e risposta con i cronisti: «Facciano almeno partire il nostro governo, prima di giudicarci».
Oggi
La partenza scatterà, ma non oggi. A questo punto, infatti, il capo dello Stato ha bisogno di una pausa di riflessione. Ed è bene che riflettano, e un po’ si calmino, pure i soci della futura maggioranza. Dunque, per le 11 di stamane, c’è da aspettarsi solo la convocazione al Quirinale dei presidenti delle Camere, Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico, che saranno sentiti platonicamente, per un atto di riguardo, visto che avevano svolto un doppio mandato esplorativo. Per sapere invece chi sarà la persona che riceverà l’incarico di guidare il governo bisognerà aspettare domani o forse anche giovedì. Tutti gli indizi, comunque, portano ancora al professor Giuseppe Conte, indicato sia dai 5 Stelle che dalla Lega.
Il secondo tema
E proprio qui si entra nel secondo tema toccato dal capo dello Stato nei suoi brevi colloqui di ieri: il ruolo del premier, che non potrà essere quello di un fantoccio, di un certificatore di decisioni altrui e, insomma, di un mero «esecutore», com’era stato rozzamente vagheggiato da qualcuno nei giorni scorsi. Badate — ha spiegato asciutto Mattarella — che il mio interlocutore d’ora in poi sarà lui. Del resto — ha aggiunto — lo prevede la Costituzione: «L’articolo 95, infatti, attribuisce un’importanza cruciale al presidente del Consiglio. Il quale dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Non solo: mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri».
Il memorandum
Un memorandum che i rappresentanti dei due partiti hanno ascoltato in silenzio, esprimendo un comune consenso che alle orecchie del presidente dev’esser comunque suonato tardivo. Non a caso, nella loro lunghissima trattativa, entrambi i partiti hanno continuato a far esplodere petardi e fuochi d’artificio su un paio di versanti assai delicati: 1) giocando al rialzo su certe parole d’ordine usate nella campagna elettorale, quelle che toccano la sfera dell’economia, il che ha provocato gli scossoni dei mercati; 2) dando per scontato che l’ansia del «cambiamento» consentisse loro di invertire prassi istituzionalmente consolidate su precise logiche di funzionalità democratica. Non è casuale, ad esempio, che — con il decisivo concorso del Quirinale — prima si trovi il premier, poi si formi la squadra di governo e infine si tracci un programma su cui chiedere la fiducia del Parlamento. Rovesciare quest’ordine, come si è fatto stavolta, rischia di svuotare le prerogative più penetranti del presidente della Repubblica. Ecco perché la frenata di ieri non sembra una mossa per stoppare il governo, quanto semmai per rimettere i rapporti istituzionali nella carreggiata della correttezza.
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