La minaccia del governo: pronti a chiudere le frontiere – La Stampa
21 Giugno 2018 0 Di luna_rossaIl premier sposa la linea del ministro dell’Interno ma sceglie di non disertare il summit di domenica. Conte: “La bozza Juncker inaccettabile, così non la firmo”. E minaccia di porre il veto al Consiglio Ue
Amedeo La Mattina, Ilario Lombardo
Pronti a chiudere le frontiere. L’avvertimento più forte è l’unica mossa che non svela in una giornata di incontri, annunci, conferenze stampa, performance tv. Matteo Salvini non frena la sua irruenza e si riprende, come ogni giorno ormai, la scena. Quando si presenta a Palazzo Chigi per il vertice con il premier Giuseppe Conte, il leader del M5S Luigi Di Maio e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e della Difesa Elisabetta Trenta, Salvini è già pronto per la battaglia. Questa volta però la sintonia con il presidente del Consiglio e con il capo grillino è totale. Cambiano solo i toni e la velocità di reazione. Il leghista intuisce subito: «Stiamo attenti, Merkel e Macron ci stanno preparando il trappolone». In sostanza vogliono rimandarci indietro i richiedenti asilo che hanno fatto richiesta in Italia e si sono spostati in altri Paesi europei. In cambio promettono aiuti finanziari sul rafforzamento dei controlli ai confini esterni e una futura revisione della ridistribuzione delle quote.
La reazione di Conte
Troppo poco. Persino il pacato Conte ha un gesto di stizza quando gli porgono la bozza della riforma del regolamento di definita da Jean Claude Juncker per conto di Berlino e Parigi: «È inaccettabile – sbotta -. Se pensano che andiamo lì per firmare e basta questa roba, stanno sbagliando di grosso…». Ancora una volta è Salvini ad alzare l’asticella della sfida. E, come ripeterà più tardi a Porta a Porta, suggerisce a Conte: «Se questa è la bozza è meglio che non vai proprio a Bruxelles». In tv ribadirà: «Se dobbiamo andare lì per avere il compitino già preparato da francesi e tedeschi, è meglio risparmiare i soldi del viaggio…». Durante la riunione a Palazzo Chigi Conte lo ascolta , sembra riflettere su quell’ennesimo invito alla rottura con i partner europei, ma alla fine preferisce non disertare il vertice di domenica a Bruxelles, un appuntamento fortemente voluto proprio da lui nella capitale belga.
Nei fatti, però il premier, d’accordo con Di Maio, sposa la linea dura imposta al governo da Salvini. Anche la minaccia, eclatante, di fare sulla terraferma quello che ha fatto in mare per la nave della Ong Aquarius: chiudere i confini italiani nel caso in cui Germania e Francia dovessero forzare la mano e rispedire i profughi che avevano fatto richiesta d’asilo in Italia. «Non accetterò mai una cosa del genere – afferma Salvini – Controlleremo le frontiere e non ne faremo entrare nemmeno uno». E non è l’unica arma di ritorsione che hanno in mente, un’altra potrebbe essere il veto sulle conclusioni del prossimo Consiglio Ue.
Già nel pomeriggio, dopo l’incontro con il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, cominciava ad apparire chiaro che Conte non avrebbe moderato la veemenza del suo vice leghista. L’Italia «non sarà disponibile» a discutere dei secondary movements in maniera unilaterale, come vogliono Macron e Merkel. Il premier spiega a Tusk che la questione dei ricollocamenti deve essere affrontata solo dopo che venga risolta la questione dei primary movements, ovvero la prima accoglienza nei Paesi di approdo, quella che rende l’Italia più vulnerabile sul Mediterraneo. Salvini è d’accordo: «Con la bozza che circola pensano di mandarci altri migranti, invece di aiutarci e in cambio faranno poi i centri di raccolta, fuori dall’Europa. Ma meglio un uovo oggi…».
Salvini non si fida. Dice a Conte che in tanti anni di politica all’Europarlamento ha imparato che i francesi e i tedeschi sono bravissimi a farsi gli affari loro. Conte appare deluso da Merkel e da Macron. Sente di aver sprecato due viaggi. Anche perché la bozza europea gli è piombata sul tavolo prima ancora che completasse il lavoro sulla proposta italiana di riforma del regolamento di Dublino. Il premier aveva assecondato la richiesta d’aiuto di Merkel, sperando che rafforzandola avrebbe rafforzato le ambizioni italiane. Una prudenza che non ha mai avuto Salvini, che del destino politico di Merkel non interessa nulla, anzi, e per il quale «Macron è solo un chiacchierone».
Il piano di Roma
Sono cinque i pilastri della proposta che Conte avrebbe voluto contrapporre al vertice di domenica. Centri di raccolta e di identificazione in Africa con un sostanzioso contributo europeo (4 miliardi) e ricollocamento per quote; finanziamenti alla Libia, dove settimana prossima sarà Salvini, anche per rinforzare la Guardia costiera locale; rafforzamento del pattugliamento europeo in mare. Infine, il punto della discordia: no ai respingimenti interni verso il paesi di primo approdo dei richiedenti asilo. Per un semplice motivo, ragionano nel governo: «Se facciamo le identificazioni fuori dai confini Ue come in Turchia i secondary movements non saranno più un problema».
Sorgente: La minaccia del governo: pronti a chiudere le frontiere – La Stampa