Radio Cora – I ‘MIGRANTI’ HANNO COSTRUITO L’ITALIA MODERNA (e migliore)
4 Giugno 2018 0 Di ken sharoForse non molti sanno che per tutto il dopoguerra, negli anni del boom, fino al 1961 resta in vigore la legge fascista che tratta i migranti meridionali e veneti che si spostano verso la Toscana, Emilia ed il triangolo industriale, come clandestini.
di Luca Soldi
Come irregolari in una analogia che pur nelle dovute differenze, avvicina drammaticamente alla realtà del nostro tempo.
Anche allora era difficile stabilire i numeri effettivi di questa enorme ondata migratoria che creava tensione sociale anche se l’approccio delle forze politiche fu meno devastante
La norma che considerava questo popolo come clandestino era una legge approvata nel 1939 dal regime fascista tirata fuori dal regime per scoraggiare le migrazioni interne e l’urbanizzazione.
Norma che ne integrava una precedente del 1931.
Queste leggi dicevano in sostanza che per poter cambiare residenza era necessario essere in grado di provare di avere un’occupazione nel luogo della nuova dimora; ma, allo stesso tempo, per poter ottenere un’occupazione era necessario possedere un nuovo certificato di residenza.
Una contraddizione ed un ledere il diritto umano alla ricerca di luoghi dignitosi di vita ma che essendo una legge doveva venire rispettata.
In realtà questa norma veniva ampiamente disattesa per interessi contrapposti.
Allo stesso tempo questa norma era causa di angoscia e frustrazione per migliaia di emigrati che, messi ingiustamente in una situazione di illegalità, si trovavano in una situazione di debolezza nei confronti dei datori di lavoro e dei padroni di casa.
Negli anni del boom economico il razzismo era evidente nei confronti di coloro che lasciavano le loro terre senza speranza per venire a “disturbare”, mentre come succede anche oggi in realtà questi uomini e queste donne venivano a lavorare per i mestieri più umili e faticosi.
I meridionali i veneti del tempo che fuggivano dalla miseria erano dunque irregolari
I nostri migranti vivevano così in clandestinità, i loro rifugio erano veri e propri rifugi di fortuna, spesso baracche ma anche sottotetti e scantinati affollati all’inverosimile.
Luoghi pagati profumatamente a chi affittava.
Luoghi che resteranno tali fino a quando non si cominceranno ad attuare politiche per la casa che permetteranno la prima emancipazione dalla completa emarginazione.
Anche allora si parlava del noi e del loro. Anche allora si evitavano questi ultimi, si prendevano in giro le loro “povertà”.
Era normale che non avessero grande padronanza di parola e scrittura, venivano da terre dove la miseria la faceva da padrone e la fine della guerra non aveva risolto molte cose.
Anche allora alcuni di loro finivano nelle manovalanza della “mala”.
Anche allora caporali, cooperative e “carovane” li sfruttavano
Anche loro vivevano una dimensione devastante nell’esperienza dell’integrazione un misto fra nostalgia e voglia di riscatto pur essendosi trovati a spostarsi di poche centinaia di chilometri.
Era questa una sorte che non era toccata solo i meridionali e veneti.
Sì perché poco prima, pochi anni prima, la diffidenza ed il sospetto, aveva colpito chi veniva dalle campagne, dalle valli, dalle montagne intorno alle grandi città.
Erano stati loro, per primi, a raggiungere le fabbriche che avrebbero permesso la rinascita dal conflitto.
Ma anche per loro, concluso il turno lavoro, si sarebbe voluto il coprifuoco per tenerli chiusi nelle baracche delle periferie
Anche allora si diceva che per causa solo la coesione era minata che ci sarebbero state pericolose contaminazioni. Magari lo si diceva più sottovoce, con una sorta di pudore.
La politica non esasperava, non alimentava le paure per avere consensi.
Ecco perché una certa predisposizione alla memoria corta presente in molti ci colpisce, fa male.
Pur nella considerazione di un fenomeno, quello della integrazione complesso ed al tempo non privo di dolori e difficoltà sia per chi viene accolto e sia per la comunità che lo riceve.
E lo fa ancora di più quando ad esserne carnefici sono i figli ed i nipoti dei migranti di quel tempo che senza pietà, con una rabbia sapientemente alimentata, senza neppure conoscere la storia delle proprie radici, chiedono che venga fatto agli altri più di quanto hanno sopportato i loro cari.
La Repubblica Italiana con una Legge del 10 febbraio 1961, abrogherà la legislazione sulle migrazioni interne e contro l’urbanesimo nonchè attuerà le disposizioni per agevolare la mobilità territoriale dei lavoratori.
La pubblicazione della legge che libererà tante esistenza dalla clandestinità diventerà effettiva con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale numero 43 del 18 febbraio 1961. Scompariranno così quelle leggi volute da Mussolini, la numero 358, del 9 aprile 1931 ed integrata dalla 1092 del 6 luglio 1939 che rendevano illegali addirittura le migrazioni interne
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