Vertice di Bruxelles, caso Salvini sul tavolo europeo | Rep

25 Giugno 2018 0 Di luna_rossa

L’ombra del ministro dell’Interno italiano sulla discussione

dal nostro inviato TOMMASO CIRIACO

Quando Emmanuel Macron affonda la lama, neanche guarda negli occhi Giuseppe Conte. Sono seduti gomito a gomito, ma il Presidente francese si rivolge ostentatamente agli altri quattordici in sala. “Inutile girare attorno al problema, non siamo qui perché è in corso un’emergenza migratoria. Siamo qui per un problema di politica interna che attraversa l’Italia e la Germania. Alcuni cercano di strumentalizzare la situazione in Europa, per creare una tensione politica e giocare con le paure”. A un tratto, il re è nudo. E Matteo Salvini diventa bersaglio ufficiale dell’Europa: “Ci sono populisti che soffiano sul fuoco, ministri dell’Interno che dettano l’agenda”.

Vuole mettere il premier italiano con le spalle al muro, costringerlo a rinnegare l’alleato che tanti problemi gli sta provocando fino ai confini estremi dell’Unione. Conte ascolta. Sa che il duello è appena cominciato, che l’Italia è isolata. Cerca di capire quando Parigi sferrerà l’assalto finale. Con un sospetto, che Palazzo Chigi lascia filtrare. Ruota attorno al timore che il fondatore di “En Marche” voglia impegnare alcune navi per pattugliare la zona di fronte alla Libia, naturalmente con l’accordo delle autorità di Tripoli. Ufficialmente per contenere i flussi migratori, ma in prospettiva anche per consolidare gli interessi economici francesi che ruotano attorno alla Libia.

A sera, quando lascia il vertice, Conte fa professione di realismo. Quasi nessuno l’ha sostenuto, se si esclude il premier bulgaro Boiko Borisov che però, nel bel mezzo della riunione, scappa in albergo per gustarsi il match mondiale Giappone-Senegal. “Di più non credo che riusciremo a ottenere – spiega ‘l’avvocato degli italiani’ a chi lo contatta da Roma – prendiamo quello che è possibile avere oggi”. Poco o nulla, a dire il vero. A Bruxelles, infatti, si lascia alle spalle lo scontro duro con Macron e quella strana sensazione che forse è meglio non tirare troppo la corda. “Ce li abbiamo tutti contro”, confida alla delegazione. Il bilancio non è un granché, ammette, ma la battaglia è ancora lunga. C’è un’intesa di massima sul principio degli hotspot in Nord Africa, ma su questo punto erano già tutti d’accordo. Ottiene che non si chiuda subito la partita dei movimenti secondari, che però continuano ad aleggiare: quando il problema esploderà, aggraverà la crisi di Schengen, renderà più difficile il flusso in uscita dall’Italia e in ultima analisi danneggerà Roma. E non porta a casa nulla di concreto sul trattato di Dublino, quindi sull’emergenza degli sbarchi nei porti italiani al centro della guerriglia mediatica di Salvini.

Già, Salvini. Tutti a rinfacciargli lo strapotere del suo vicepremier. E’ un caso europeo, ormai, al pari del ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer. Conte però non si smarca dal leghista, sa che mostrare crepe interne frenerebbe in partenza la scalata impossibile in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno. Per questo, ai partner ripete come un ritornello: “Con Salvini siamo compatti. Non ci sono divisioni sull’immigrazione, parliamo la stessa lingua”. La verità è che il ministro continua a pressarlo, a chiedergli gesti eclatanti, a invitarlo a valutare l’ipotesi di mettere il veto sul primo snodo che interessa davvero l’Unione.

I prossimi quattro giorni serviranno per trattare. A Bruxelles, tra cancellerie. Con un occhio sempre rivolto alla fonte dei flussi, vale a dire principalmente le coste del Nord Africa. Almeno su questo punto, quasi tutti sembrano d’accordo sull’idea di Angela Merkel e del maltese Joseph Muscat, di rafforzare l’operazione Sophia, utile a pattugliare il Mediterraneo. Conte però guarda oltre, verso Parigi. Teme, come detto, manovre francesi. Qualche ragionamento, filtra da Palazzo Chigi, avrebbe fatto capolino già durante il bilaterale di qualche giorno fa nella capitale francese e sarebbe tornato informalmente a circolare attorno al summit. Come se Macron stesse ragionando della possibilità di impiegare navi francesi di fronte alla Libia, ovviamente con il consenso delle fazioni che il Presidente francese ha riunito per la prima volta attorno a un tavolo proprio durante la lunga crisi politica italiana seguita al 4 marzo. Anche al ministero della Difesa i riflettori sono accesi. Il timore è che si tratti di una mossa che non riguarda solo il dossier migratorio, ma che in futuro permetta a Parigi di allargare i suoi interessi economici in Libia. In particolare nella delicatissima partita petrolifera.

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