Migranti, Open Arms fa rotta verso la Spagna: «Non ci fidiamo di Salvini»

19 Luglio 2018 0 Di luna_rossa

La scelta della Ong motivata dalle minacce di una contro-inchiesta del Viminale sul bambino e la madre morti in mare. La replica del ministro dell’Interno: «Hanno qualcosa da nascondere?». Nuovo naufragio intanto a Cipro: almeno 19 morti

di Giuseppe Gaetano

«Nonostante la nostra disponibilità di porti siciliani, la nave Ong va in Spagna, con una donna ferita e due morti… non sarà che hanno qualcosa da nascondere?» insinua Matteo Salvini dopo che Open Arms ha scelto di fare rotta verso le coste spagnole; chiedendo alla Guardia Costiera iberica di assumere il coordinamento dell’operazione Sar (Search and rescue), che martedì mattina ha portato al recupero dei corpi senza vita di una donna e di un bimbo di pochi anni e al salvataggio di una superstite del naufragio avvenuto lunedì sera al largo della Libia. L’approdo è previsto per sabato sull’isola di Palma di Maiorca, nelle Baleari. Dopo una lunga giornata dominata dal braccio di ferro con il vicepremier, i volontari di Proactiva, allarmati dalla sua determinazione, hanno ammainato alla fine la bandiera, spiegando che la decisione «nasce dalla considerazione che l’ipotesi di approdare in un porto italiano – la possibilità di Catania è stata comunicata solo alle 23 di martedì – presenta comunque molteplici fattori critici: il primo è costituito dalle dichiarazioni del ministro dell’Interno, che ha definito “bugie e insulti” la documentazione da noi offerta attraverso la pubblicazione delle tragiche immagini» dei migranti esanimi in acqua.

Toninelli: «A Tripoli un centro coordinamento soccorsi»

«Ho parlato con il collega ministro dell’interno egiziano di anti terrorismo, di lotta all’immigrazione clandestina, di stabilizzazione della Libia invitandolo a una conferenza internazionale sul tema dell’immigrazione che si terrà in autunno in Italia», ha aggiunto Salvini. Un impegno che il governo sta perseguendo anche, come ha ricordato il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, nel suo discorso per il 153esimo anniversario della Guardia Costiera italian, «con il potenziamento delle capacità operative della Guardia Costiera libica nelle attività di controllo, pattugliamento delle coste e Sar, attraverso la creazione di un Centro di coordinamento dei soccorsi a Tripoli».

Le preoccupazioni dell’ong

«Risulta incomprensibile, poi – continua l’organizzazione non governativa -, perché la disponibilità iniziale ad accogliere la donna in stato di grave ipotermia non sia stata accompagnata dalla stessa disponibilità per i due cadaveri ritrovati», essendo ancora da verificare se siano parenti tra loro. «Inoltre – insiste Open Arms -, il reiterato annuncio di una sorta di contro inchiesta o contro versione rispetto alla probabile dinamica dei fatti, inducono preoccupazione rispetto alla tutela della donna sopravvissuta e della sua piena libertà di rendere testimonianza in condizioni di tranquillità e sicurezza». Lo scontro tra il vicepremier e i volontari catalani va avanti dal 4 luglio, quando Proactiva fu costretta a sbarcare 60 immigrati a Barcellona per il divieto di attracco da parte di Italia e Malta: «Anche se l’Italia chiude i porti, non può mettere porte al mare» ribattè nell’occasione l’Ong, che si appresta ora ad effettuare la stessa manovra, rientrando in patria.

Il giallo del salvataggio

Secondo il monitoraggio del sito Marine Traffic, il veliero Open Arms è seguito a breve distanza dallo yacht Astral, della stessa ong catalana, su cui si trova anche il deputato di Leu Erasmo Palazzotto, che conferma: «Mentre una motovedetta girava la scena del salvataggio perfetto con una tv tedesca, un’altra lasciava in mezzo al mare 2 donne ed un bambino. Sono due interventi diversi, uno a 80 miglia davanti a Khoms e l’altro davanti a Tripoli. Maldestro tentativo di depistaggio», smentendo così anche la ricostruzione dell’inviata della tv tedesca N-tv, Nadja Kriewald, e del freelance libico, Emad Matoug, che hanno assistito al soccorso del gommone alla deriva riferendo che «non c’era più nessuno in acqua» e che « i libici hanno fatto un ottimo lavoro e dimostrato tanta umanità». Anche la Guardia costiera libica respinge le accuse: «Non è nella nostra religione, moralità e comportamento abbandonare nessuno in mare – comunica la Marina, allineandosi al governo italiano -. Negli ultimi anni sono stati salvate oltre 80mila vite, con mezzi limitati e in condizioni avverse. Le tragedie in mare avvengono a causa dei trafficanti di esseri umani, cui interessa solo il guadagno, e della presenza di ong irresponsabili».

La questione libica

Ma «la Commissione europea, l’Onu, la Corte dei Diritti Umani e l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri ribadiscono che la Libia non è in alcun modo un paese sicuro» ricorda la nota di Proactiva. «Da padre vorrei che mia figlia fosse con me in mare a salvare vite umane – twitta polemicamente il fondatore di Proactiva, Oscar Camps – Salvini, mi piacerebbe sapere se manderebbe i suoi figli a studiare in Libia. È un porto sicuro no?». Tutti i 158 superstiti del naufragio di lunedì, tra cui 34 donne e 9 bambini, sono stati infatti trasferiti dalle autorità di Tripoli nei loro campi profughi. «E’ l’unico modo per fermare il traffico di esseri umani» sostiene Salvini, affermando che il paese dovrebbe essere dichiarato «porto sicuro» per permettere alle imbarcazioni di ricondurvi le persone raccolte in mare. Nonostante le notizie di torture, stupri e ricatti a cui sono sottoposti gli ospiti dei centri di raccolta, e nonostante lo stesso Viminale certifichi che non è in atto alcuna emergenza: sono stati quasi 18mila gli sbarchi dal primo gennaio 2018 a oggi, l’80% in meno rispetto allo stesso periodo del 2017 (in cui già segnavano un calo del 70%). «L’Europa, che poteva essere un’opportunità, in questo momento su tanti fronti è un problema» ha ripetuto il leader leghista ieri, a proposito del nodo immigrazione che sta dividendo l’Ue. Sebbene, dall’inizio dell’anno, la Spagna abbia superato l’Italia per numero di arrivi lungo la rotta del Mediterraneo occidentale, accogliendo quasi 200 extracomunitari in più. Il Pd chiede al ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, di riferire in Parlamento sull’accaduto. Sicuramente, quello italiano, non è più un «porto sicuro» per le Ong.

Naufragio a Cipro, barca alla deriva in Tunisia

Un nuovo dramma arriva intanto dall’isola di Cipro, dove è salito ad almeno 19 morti il bilancio del naufragio di un altro barcone: dei circa 160 rifugiati siriani a bordo, un centinaio sono stati salvati dalle motovedette turche e restano quindi ancora una trentina di dispersi in mare. Il bollettino delle vittime è destinato dunque ad aggravarsi. E non è finita: 40 migranti (tra cui 8 donne, due delle quali incinte) partiti a bordo di un gommone dalla Libia, sono bloccati da giorni a largo delle coste tunisine, rifiutando i soccorsi delle autorità di Tunisi perché vogliono essere recuperati da navi europee. «Sono stati vani tutti i tentativi di convincerli a entrare in porto – spiega la Croce Rossa locale -, dicono che hanno pagato molto denaro e che vogliono arrivare in Europa». L’autorizzazione ad attraccare è stata negata finora non solo da Italia, Francia e Malta ma dalla stessa Tunisia, allarmata dalla prospettiva di trasformarsi nel famigerato «porto sicuro», accollandosi l’accoglienza che gli stati europei e diventando di fatto un “hot spot”: una piattaforma regionale di sbarco fuori dal territorio europeo, per distinguere i migranti economici dai richiedenti asilo.

 

Sorgente: Corriere della Sera