Il decreto sicurezza e quelle parole di Mattarella: conta la Carta, non le mie idee
4 Gennaio 2019Il Colle, chiamato in causa dal vicepremier Salvini («I sindaci tradiscono gli italiani: rispettino la firma del capo dello Stato») sceglie il silenzio. Ma un tempo ricordò che a volte deve firmare provvedimenti «anche se non li condivide appieno»
Il Quirinale, chiamato in causa, ha scelto il silenzio. Ed era scontato, vista la piega presa della questione, che potrà esser risolta dalla Corte costituzionale, se qualcuno vi ricorrerà. Del resto, è capitato molte volte, sotto diversi presidenti, che una legge avallata dal Colle sia stata poi bocciata dalla Consulta senza che nessuno ne fosse delegittimato.
L’unico indizio per capire l’atteggiamento di Mattarella viene dalla citazione di quanto disse nell’incontro con un gruppo di studenti il 26 ottobre 2017. Un ragazzo gli chiese: «Quando le capita di firmare atti che non le piacciono come si comporta?». Risposta: «Quando mi arriva qualche provvedimento, una legge del Parlamento o un decreto del governo, io, anche se non lo condivido appieno, ho il dovere di firmarlo. Anche se la penso diversamente, devo accantonare le mie convinzioni perché devo rispettare quello che dice la Costituzione: che la scelta delle leggi spetta al Parlamento e la scelta dei decreti che guidano l’amministrazione dello Stato spetta al governo. E se non firmassi andrei contro la Costituzione. C’è un caso in cui posso, anzi devo non firmare: quando arrivano leggi o atti amministrativi che contrastano palesemente con la Costituzione. Ma in tutti gli altri casi non contano le mie idee, perché non è a me che la Costituzione affida quel compito, ma ad altri, al Parlamento e al governo. E io ho l’obbligo di firmare, perché guai se ognuno pensasse che le proprie idee prevalgono sulle regole dettate dalla Costituzione. La Repubblica non funzionerebbe più».