Sto per toccare un tema un tantino scabroso e controverso, di quelli che difficilmente riescono a trovare concordi quanti credono che la tecnologia – e qualunque tecnologia – rappresenti una conquista “malgré tout” e quanti ritengono che occorrano, innanzitutto, cautela e il rispetto del principio di precauzione prima di ogni scelta innovativa di forte impatto sull’ambiente e sulle persone. Oltretutto l’argomento riguarda più la sfera della salute che quella della tutela paesaggistica e potreste, quindi, ritenere questo contributo “fuori tema“. Bene, se le mie considerazioni vi turbano, chiudete e passate ad altre letture. Se, viceversa, anche per voi la salute e qualunque rischio sanitario vengono prima di ogni altra cosa, allora procedete: sto per aprire una (preoccupata) finestra sul futuro…
La notizia è che 120 piccoli comuni d’Italia (oltre ad alcune “smart cities”: Milano, Prato, L’Aquila, Matera e Bari, cui si aggiungono Roma e Torino, dove erano già state avviate altre prove tecniche) saranno i primi sperimentatori dell’esposizione della popolazione alle tre bande della tecnologia 5G, una rete wireless di nuova generazione (ribattezzata “l’internet delle cose“) che renderà possibile le connessioni mobili superveloci: antenne, modem che verranno implementati sugli smartphone, base station che sui tetti diffonderanno il segnale.
Non è fantascienza ma realtà. E non è solo un fatto di velocità di connessione ma un passo avanti della tecnologia applicata alle comunicazioni che potrebbe permettere di superare le prestazioni dell’attuale ADSL e favorire l’utilizzo di servizi di streaming (video in particolare) soppiantando le connessioni in fibra. Potremo così giocare online senza la necessità di disporre di macchine potenti, essere sempre connessi senza più passare continuamente da Wi-Fi a rete mobile, videosorvegliare, guidare droni o auto senza conducente, leggere i sensori dei cassonetti dell’immondizia per sapere quando svuotarli, telecomandare i robot senza bisogno di cavi, consentire ai medici di curare un paziente anche a distanza, indicare i prodotti scaduti presenti nei nostri frigoriferi, permettere ai nostri orti di richiedere di essere annaffiati e chissà che altro.
Tecnologia al servizio dell’uomo.
Ma senza rischi?
Secondo il giornalista Maurizio Martucci, autore del libro “Manuale di autodifesa per elettrosensibili” (Terra Nuova Edizioni), l’esposizione massiccia della popolazione a livelli di elettrosmog destinati ad aumentare a dismisura, con mini-antenne (ogni 10-12 case nelle aree urbane) collocate ovunque e persino sui lampioni della luce, rappresenta un rischio da non sottovalutare. Il 5G viaggerà su frequenze altissime e mai usate finora, fino a 27,5 GHz (mentre con il 4G si arriva al massimo a 2,6 GHz): un’energia 11 volte superiore, ma che ha una “durata” di viaggio limitata. Queste onde vengono infatti facilmente assorbite dal terreno e sono “riflettenti”, non attraversano i palazzi. Per poter connettere tra loro fino a un milione di oggetti per chilometro quadrato, bisognerà installare migliaia di piccole antenne che rilanceranno il segnale proveniente da un’antenna base più grande. L’esposizione umana alle onde elettromagnetiche aumenterà così in modo esponenziale e i rischi per la salute aumenteranno altrettanto esponenzialmente, favorendo la possibile alterazione del funzionamento delle cellule: la prestigiosa rivista scientifica Lancet ha presentato uno studio importante che dimostra gli effetti biologici e sulla salute causati dall’esposizione dell’uomo ai campi elettromagnetici con un aumento “statisticamente rilevante” del numero dei tumori, rarissimi schwannomi, al cervello e al cuore. Anche in Italia l’Istituto Ramazzini di Bologna ha sviluppato la stessa ricerca, giungendo alle medesime conclusioni.
Più di 180 scienziati e medici provenienti da 37 paesi hanno da tempo diffuso un appello per avvertire dei potenziali gravi effetti del 5G sulla salute umana e richiesto una moratoria: fermiamo lo sviluppo del 5G finché gli scienziati indipendenti non potranno garantire che 5G e il livello totale di radiazioni causati da RF-EMF (5G insieme a 2G, 3G, 4G e WiFi) non siano dannosi ai cittadini dell’UE, in particolare a neonati, bambini e donne in gravidanza, nonché all’ambiente.
La preoccupazione tra i cittadini sta crescendo e la neonata “Alleanza nazionale STOP 5G” ha organizzato lo scorso 2 marzo a Vicovaro (Roma) il primo meeting nazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema e chiedere con forza una moratoria.
A fronte dei rischi, occorre registrare un’ulteriore situazione particolarmente sorprendente: i 120 comuni selezionati a far da “cavie” non ne sanno nulla. E’ quanto stiamo scoprendo in Piemonte (la Regione con più comuni prescelti), dove diversi nostri aderenti hanno ricevuto da noi la notizia che il loro comune di residenza risulta inserito nella lista degli sperimentatori. Allarmati, sono corsi a chiedere lumi ai loro Sindaci e Tecnici comunali e si sono sentiti rispondere “non ne sappiamo nulla“. Nessuna comunicazione pare essere loro arrivata da AGCOM o dal Ministero dello Sviluppo Economico e questo sembra essere il motivo per cui le amministrazioni non hanno preventivamente discusso con i propri concittadini la convenienza di appartenere al club dei comuni “cavie”. Il nostro comitato locale della provincia di Asti non si è accontentato di ricevere risposte “a voce” dai Sindaci e ha anche trasmesso via posta elettronica certificata una richiesta di accesso a tutti gli atti in possesso dei comuni astigiani. Altrettanto ha fatto Italia Nostra, sezione di Alba, nei confronti dei comuni delle Langhe.
Le prime risposte confermano il “non ne sappiamo nulla“.
Franca Biglio, sindaco di Marsaglia e anche presidente dell’Associazione dei Piccoli Comuni di Italia, assieme ai colleghi primi cittadini di Paroldo e Roascio, ha dichiarato che «le nostre amministrazioni non hanno mai chiesto né di essere inserite nella sperimentazione 5G, né dato alcuna disponibilità in tal senso. Inoltre ad oggi non è pervenuta alcuna comunicazione ufficiale da parte delle autorità competenti e qualora ciò si verificasse, sarà nostra cura e premura acquisire le dovute informazioni tecniche al fine di verificare i pro e i contro a difesa dell’ambiente e dell’imprescindibile tutela della salute dei nostri cittadini. Tale importante decisione verrebbe, in ogni caso, assunta solo ed esclusivamente di concerto con la cittadinanza».
Questa risposta ci è stata riportata integralmente anche dal comune di Vigliano d’Asti attraverso una formale risposta, verbalmente riassunta anche da tutti gli altri sindaci astigiani.
Possiamo quindi attenderci una loro rapida azione nei confronti delle Autorità competenti per – quanto meno – discutere dell’avvenuto inserimento del loro territorio nell’elenco dei Comuni “sperimentatori” e un conseguente momento di riflessione/decisione con i cittadini?
E non pensate che sia utile una vostra azione formale nei confronti di tutti i Sindaci dei comuni compresi nell’elenco?
Se mi avete seguito fino a qui, credo siano opportune ancora due segnalazioni: la prima è – ovviamente – l’elenco dei comuni che dovranno sperimentare il 5G (e tenete in mente che nei prossimi anni tutti i comuni saranno nelle stesse condizioni!) e una serie di articoli/siti di riferimento per approfondire la questione. Trovate tutto a seguire.
Una raccomandazione finale: non prendetela con leggerezza, perchè se “prevenire è meglio che curare“, allora il principio di precauzione deve essere il nostro faro…