Sblocca cantieri: Subappalti e “minor prezzo” favoriscono corruzione e mafie | Rep
14 Giugno 2019 0 Di Luna Rossa
I ribassi economici eccessivi avvantaggiano le “scatole vuote”. Diventano più difficili i controlli per la sicurezza con l’aumento dei lavori affidati a terziDI ROBERTO RHO
MILANO – Dall’Expo 2015 alla ferrovia tra i due terminal di Malpensa. Dalla Tav alla Salerno-Reggio Calabria. Dalla ricostruzione post terremoto ai cantieri navali. Dal Terzo Valico alla metro C di Roma. Trovare una grande opera che sia rimasta impermeabile al malaffare, alla corruzione, alle infiltrazioni mafiose è impresa ardua. Basta incrociare su Google le parole “appalti” con “inchieste” o “arresti” per veder scorrere una letteratura infinita di articoli, prevalentemente di cronaca giudiziaria. Le mafie, si è capito da tempo, sguazzano nell’acqua torbida dei subappalti per i lavori di scavo, movimento terra, asfaltatura, costruzione. La corruzione, le turbative d’asta, gli accordi sottobanco si annidano nelle pieghe di procedure barocche, eterne.
Allentare i controlli, alzare le soglie del “liberi tutti”, scatenare aste in cui il prezzo (basso) è il criterio dominante, non è certamente il modo migliore per arginare il malaffare, anzi il contrario. Anche se l’obiettivo, dichiarato fin dal nome del decreto Sblocca cantieri, è rimettere in moto un settore vitale per l’economia nazionale, che vale tra il 15 e il 20% del Pil. Nel 2018, annata pure non brillante per l’industria delle costruzioni, in Italia sono stati appaltati (nel settore pubblico) lavori per quasi 140 miliardi di euro, il record da cinque anni a questa parte. Ma è da record anche il numero delle interdittive antimafia (573) disposte dalle Prefetture: il doppio rispetto al 2015. La lettura incrociata dei due numeri dà l’idea dei rischi enormi connessi al “liberi tutti”, che è il messaggio implicito che lo Sbloccacantieri trasmette.
Durante una recente audizione a Montecitorio, l’amministratore delegato dell’Anas ha mostrato con una slide l’iter autorizzativo di una nuova opera: dalla progettazione fino alla consegna finale i passaggi burocratici necessari sono 27. Tempo richiesto cinque anni, sempre che l’iter non si blocchi strada facendo, il che avviene in moltissimi casi. Ecco, lo Sblocca cantieri non corregge le fasi a monte della gara, quelle in cui i tempi morti sono estenuanti e gli intoppi una probabilità più che una possibilità. Il decreto del governo, invece, interviene pesantemente dalla gara in poi. La novità più criticata è l’innalzamento dal 30 fino a un massimo del 40% della quota dei lavori che il vincitore della gara potrà subappaltare. Non è il 50% inizialmente preteso dalla Lega, ma è comunque un netto ampliamento della quota di lavori in cui tipicamente si concentrano i rischi delle infiltrazioni e i rischi per la sicurezza del lavoro: se in un cantiere lavorano dieci o quindici imprese sarà certamente più difficile coordinare la formazione e il rispetto delle regole di tutela della salute dei lavoratori.
I subappalti, ha ripetuto in più occasioni il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, sono lo strumento preferito dalle mafie per nascondere tangenti e denaro sporco. Il governo ha cancellato l’obbligo di indicare già in sede di offerta la terna di imprese a cui affidare il subappalto (norma che favoriva la trasparenza e la qualità dei controlli) e la verifica dei requisiti del subappaltatore durante la gara. Su tutta questa materia pende una procedura d’infrazione della Commissione Ue, giacché in Europa i subappalti sono liberi, ma è dubbio che l’allentamento dei vincoli così organizzato consenta di superare il contenzioso con l’Europa. E l’Ance, l’associazione delle imprese, contesta l’incertezza della soglia, che la stazione appaltante può fissare a livelli diversi (fermo restando il massimo del 40%): una elasticità che penalizza le imprese più strutturate e favorisce le scorribande di chi non ha niente da perdere, come le imprese controllate dalle cosche.
L’altro grande capitolo dello Sblocca cantieri che aumenta i rischi è quello del minor prezzo (non è il massimo ribasso, inizialmente ipotizzato e poi scongiurato) per gli appalti sotto i 5 milioni, circa il 90% del totale: il criterio di aggiudicazione prevede la vittoria dell’offerta più bassa tra quelle che si avvicinano alla media (con l’esclusione delle offerte anomale). È una scelta che privilegia il prezzo come fattore guida per la scelta. Con il sistema precedente dell'”offerta economicamente più vantaggiosa” – troppo complesso per molte piccole amministrazioni, non attrezzate per organizzare le gare – il mix tra fattori qualitativi e prezzi consentiva una selezione più efficace. Il tema del minor prezzo ha diviso anche le imprese di costruzioni: per molti imprenditori, soprattutto del Nord, il “minor prezzo” è una sorta di lotteria imprevedibile che penalizza le imprese più organizzate e favorisce le “scatole vuote”. Proprio quelle che la criminalità privilegia per aggiudicarsi le gare, a qualsiasi prezzo.
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