Odio online e nelle piazze: ecco perché Facebook ha bannato CasaPound e Forza Nuova | Rep
10 Settembre 2019 0 Di Luna Rossa
La decisione di chiudere pagine e profili arriva perché le due organizzazioni sono considerate “pericolose”. Altri gruppi estremisti in Europa avevano ricevuto lo stesso trattamentoDI PAOLO BERIZZI
Prima la scritta “nessun elemento visualizzato” , poi “nessun account trovato”. Buio. Black out. Nove settembre 2019, pomeriggio: i fascisti scompaiono dai social. Fb e Instagram rimuovono le pagine di CasaPound Italia e Forza Nuova.
Spariscono sia i profili ufficiali delle varie sigle, sia quelli dei segretari politici e dei dirigenti (dai fratelli Simone e Andrea Di Stefano e Gianluca Iannone di CPI a Roberto Fiore di FN). Perchè? Che è successo? Nessuna dichiarazione ufficiale, per ora, dai social network. Ma da fonti interne si apprende che la censura è scattata perchè i partiti e movimenti in questione “incitano all’odio”. Tecnicamente, ed in modo più articolato, la motivazione per cui le due piattaforme hanno “bannato” CPI e FN hanno a che fare con “ripetute violazioni” della policy dei social (che hanno dichiarato tolleranza zero contro ogni forma di manifestazione di odio).
Violazioni sia “interne”, vale a dire relative ai contenuti pubblicati on line, sia “esterne”. Esterne significa che sia CasaPound che Forza Nuova – con i loro dirigenti e militanti – si sarebbero distinte per condotte “politiche” incompatibili con il codice etico dei social network e social media. In sostanza: a determinare la decisione di Fb e Instagram sarebbero state anche le iniziative e la propaganda portate avanti dai “fascisti del terzo millennio” (CPI) e da FN nella vita “reale”: quegli spazi di agibilità politica che le due principali formazioni dell’ultradestra italiana hanno occupato, amplificando slogan e idee che “diffondono odio” con un’intensissima attività social. In particolare CasaPound.
Il blocco delle pagine arriva a poche ore dalla manifestazione anti-governo organizzata in piazza Montecitorio da Fratelli d’Italia a cui ha partecipato anche la Lega con Matteo Salvini. In piazza c’erano anche CPI e FN. Un ricompattamento del fronte sovranista che ha visto l’estrema destra di nuovo a fianco della Lega e del partito di Giorgia Meloni. Dalla piazza fisica a quella virtuale: perchè sia Cpi che Fn hanno subito rilanciato con video e post la loro presenza a Montecitorio. Dopo poche ore, i contenuti sono spariti e le pagine sono state oscurate. “Odio organizzato” è la formula usata ritualmente da Fb e Instagram per spiegare quali siano i profili di “persone” o “organizzazioni” che non possono trovare posto sui due social. Che non possono, insomma, utilizzare i servizi offerti dalle due piattaforme.
Fb e Instagram, nel gergo aziendale, li chiamano così: “persone e organizzazioni pericolose”. Sono soggetti o appunto sigle e associazioni che proclamano azioni violente o che incitano all’odio; e che sono coinvolti nelle stesse azioni violente, nel merito contro persone sulla base di fattori comerazza, etnia o nazionalità. Il dato acquisito è questo: le due principali organizzazioni fasciste italiane – la prima, Forza Nuova, è un partito, la seconda, CasaPound, ha smesso di esserlo ed è tornata ad essere un movimento – sono ritenute “pericolose” dai due più importanti social media nel mondo.
E nei loro confronti è scattato il cartellino rosso. Lo stesso provvedimento che a maggio era scattato nei confronti di altre formazioni dell’ultradestra. Queste: Generation Identify (Pan-Euro), Inferno Cottbus 99 (Germania), Varese Skinheads (Italia), Ultras Sette Laghi (Italia), Black Storm Division (Italia), Rivolta Nazionale (Italia), Scrofa Division (Olanda), Chelsea Headhunters (Regno UNito), White Front (Bulgaria), Boris Lelay (Francia), Beke Istvan Attila e Szocs Zoltan (Ungheria) e Varg Vikernes (Norvegia).
Nell’aprile dell’anno scorso ci fu un altro precedente che fece molto discutere in Inghilterra. Fb intervenne nei confronti delle sigle estremiste British National party (BNP), English Defence League (EDL) and Britain First. Il blocco riguardò, anche in quel caso, i profili di diversi dirigenti.
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